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Trento - Mesiano 1929

Interessante fotografia eseguita a Villa Gherta, di fronte a quella che potremmo definire entrata di servizio, con i proprietari fratelli Giuseppe e Carlo Garbari ed un nutrito gruppo di illustri ospiti.


Giuseppe Garbari

Giuseppe Garbari nacque a Trento il 27 Luglio 1863 e morì a Firenze il 6 Giugno del 1937. Frequentò il liceo classico di Trento per poi continuare gli studi a Lipsia e laurearsi in Scienze giuridico-amministrative all'Università di Graz. Tornò quindi a Trento per dedicarsi alla gestione dell'azienda tessile di famiglia, e vi rimase fino al 1913 per trasferirsi infine (con la sua sposa in seconde nozze Ida Carugati già vedova Bardelli) all'isola d'Elba ed a Firenze, dove morì e venne sepolto nel cimitero monumentale di San Miniato al Monte.

Personaggio eclettico e dai numerosi interessi, iniziò a collezionare minerali (nonchè francobolli, libri antichi, mobili ed oggetti di antiquariato) nel decennio precedente il cambio di secolo, per poi dedicarsi anche ai viaggi, all'escusionismo/alpinismo, alla fotografia di montagna, alla botanica.

La sua collezione (che aveva incluso quella dell'ing. Luigi Bardelli di Milano, defunto marito di prime nozze della sua consorte Ida, e già asua volta appassionato collezionista) era costituita in buona parte da notevoli campioni di provenienza italiana. Venne venduta nel 1910 a Friedrich Krantz di Bonn (noto commerciante di minerali dell'epoca) e successivamente dispersa sul mercato. Dalla documentazione del Krantz si deduce che la collezione Garbari doveva essere di dimensioni e qualità ragguardevoli, come testimoniato dalle presenze di interessanti campioni con i cartellini del Garbari (e del Bardelli) nelle collezioni dell'Università di Freiberg, di Augusto Sourdeau (1866-1926) e successivamente del Museo di Storia Naturale di Trento, di Lazard Cahn (1865-1950), del Traverso-Pelloux e di Bernardino Savardo, poi confluiti in quella del Museo di Storia Naturale di Milano.

La Rivista Mineralogia Italiana gli ha dedicato un interessante articolo storico di C. Albertini sul numero 3/2010.

Autore: Daniele Respino